Nel pensiero e nell’esperienza di Carl Gustav Jung la crisi, il malessere, i blocchi,
le paure, l’incapacità di scegliere sono delle preziose porte verso la conoscenza profonda di noi stessi.
I vissuti di malessere, sofferenza e di blocco
Quando pensiamo di aver raggiunto il limite, di non farcela, di non sapere cosa scegliere e ci sentiamo “in croce”, disorientati siamo difronte ad un’importante opportunità. Un’occasione che ci permette di scoprire e capire noi stessi e cosa davvero abbiamo bisogno in quel momento dalla nostra vita per poter ripartire e andare avanti.
L’educazione ricevuta, le influenze sociali, le aspettative personali, professionali o famigliari possono portarci lontani dal nostro centro.
La sofferenza e il blocco, che ci costringono a fermarci lasciandoci senza energia, sono in realtà soglie da attraversare per comprendere quale strada è veramente importante per noi.
“…La singolarità della strada che abbiamo qui descritta deriva in non piccola parte dal fatto che noi, muovendoci in una psicologia che nasce dalla vita reale e che agisce sulla vita reale, non possiamo più richiamarci a un punto di vista intellettualistico-scientifico, ma siamo costretti a tener conto anche del punto di vista dei sentimenti, e quindi di tutte le realtà di fatto che la psiche contiene. L’oggetto di questa nostra psicologia pratica non è una qualche psiche umana vista in generale: sono uomini, individui con tutti i loro molteplici problemi che li premono da vicino. Una psicologia capace di soddisfare soltanto l’intelletto non è mai una psicologia pratica; l’anima nella sua totalità non può mai essere intesa soltanto con l’intelletto. Ci piaccia o no, il momento della visione universale s’impone, perché l’anima cerca un’espressione capace di coglierla in tutta la sua pienezza.”
Passi di: Carl Gustav Jung. “Opere. Edizione completa (2015)”
Per meglio comprendere il percorso terapeutico della psicologia analitica possiamo addentrarci nel significato delle parole chiave sulle quali questa pratica si basa.
1/ Inconscio
La psicologia è in primo luogo la scienza della coscienza. In secondo luogo è la scienza che studia i prodotti di quella che denominiamo la psiche inconscia. Non possiamo esplorare direttamente la psiche inconscia perché l’inconscio è inconscio e perciò inaccessibile. Possiamo solo avere a che fare con i prodotti consci che supponiamo essere scaturiti da quel campo che chiamiamo l’inconscio, il territorio delle “rappresentazioni oscure”, come le definisce nella sua Antropologia il filosofo Kant, secondo il quale costituiscono una metà del mondo. Sull’inconscio possiamo dire solo quel che ci suggerisce la coscienza. La psiche inconscia, la cui natura ci è totalmente ignota, si esprime sempre attraverso la coscienza e le sue modalità. Non abbiamo altra possibilità. Non possiamo spingerci oltre, e dobbiamo sempre tenerlo presente, come parametro ultimo del nostro giudizio.”
Passi di: Carl Gustav Jung. “Opere. Edizione completa. Volume quindicesimo, Psicoanalisi e psicologia analitica. Bollati Boringhieri (2015)”
L’approccio junghiano attraverso l’analisi dei sogni, l’immaginazione attiva ed altri strumenti, può entrare in contatto con questo mondo ed utilizzare il materiale così ottenuto per agevolare il processo analitico.
La coscienza deriva dall’inconscio. Nulla può essere cosciente senza un Io al quale rapportarsi. E l’Io è un insieme costituito dalla consapevolezza del proprio corpo e della propria esistenza e in secondo luogo dall’idea di essere esistiti attraverso una serie di ricordi. Tutto quello che entra in rapporto con l’Io diventa cosciente.
Passi di: Carl Gustav Jung. “Opere. Edizione completa. Volume quindicesimo, Psicoanalisi e psicologia analitica. Bollati Boringhieri (2015)”
2/ Sogni
Nel sogno c’è qualcosa di individuale: esso corrisponde alla disposizione psichica dell’uomo. In che consiste questa disposizione psichica? Essa è a sua volta il risultato del nostro passato psichico. Il nostro stato mentale presente dipende dalla nostra storia.
Passi di: Carl Gustav Jung. “Opere. Edizione completa. Volume quarto, Freud e la psicanalisi. Bollati Boringhieri (2015)”
(…)
Gli eventi che non scatenano alcuna forte emozione influenzano ben poco i nostri pensieri o azioni; invece quelli che producono forti reazioni emotive hanno una grande importanza per il nostro ulteriore sviluppo psichico.
(…)
Questo metodo viene praticato nel seguente modo: si sceglie un punto particolarmente notevole del sogno e si chiede alla persona in questione di dire apertamente ciò che le viene in mente a proposito di questo punto del sogno escludendo fin dove è possibile ogni critica. La critica non è altro che la censura; è la resistenza contro il complesso, e tende a reprimere le parti più importanti.
3/ Archetipi
Nell’opera completa di Jung, se si cerca alla voce archetipi il testo rimanda alla lettura della parte dedicata alla parola Immagine.
Con questo termine si fa riferimento all’immagine interiore, un’entità complessa che esprime la situazione psichica totale, sia della situazione inconscia che di quella cosciente in quel dato momento.
L’interpretazione del suo significato non può quindi partire né dalla sola coscienza né dal solo inconscio, ma unicamente dal loro mutuo rapporto.
Passi di: Carl Gustav Jung. “Opere. Edizione completa. Volume sesto, I tipi psicologici. Bollati Boringhieri (2015)”.
L’immagine diventa primordiale quando il suo carattere è arcaico, cioè quando è ricca di somiglianze con motivi mitologici, immagini archetipiche originarie, ed è quindi in prevalenza espressione di quell’inconscio collettivo che ci appartiene ed è comune a tutti gli esseri umani.
L’immagine primordiale o archetipo è perciò sempre collettiva e condivisa da un popolo o un’epoca, o da tutti i popoli e tutte le epoche.
L’immagine personale, invece, esprime i contenuti personali e gli stati di coscienza determinati da fattori personali.
4/ Sincronicità
Jung elaborò per anni teorie su quelle che lui chiamava “coincidenze significative” o “fenomeni inesplicabili” ovvero situazioni, momenti, attimi di vita in cui la realtà psichica e la realtà materiale appaiono (e sono) come un unico elemento, coordinati secondo il loro significato comune. Questa unione indivisibile è inaccessibile direttamente:
“Nel 1952, grazie alla collaborazione con il premio Nobel per la fisica Wolfgang Pauli, Jung postulò l’esistenza di un principio di «coordinamento acausale» sotteso a siffatte «coincidenze significative», che denominò sincronicità. Sostenne che in talune circostanze il costellarsi di un archetipo produce una relativizzazione del tempo e dello spazio, che a sua volta rende possibile l’accadere di eventi del genere.”
Passi di: Carl Gustav Jung. “Il Libro rosso. Liber Novus (2014)”.
Jung arriva a teorizzare quindi che questi fenomeni sincronici siano delle significanti casualità. La cosiddetta “coincidenza” è quella che dà significato al fenomeno tangibile e fisico con un avvenimento psichico, senza che in apparenza ci sia un meccanismo causale tra i due.
Il concetto di sincronicità risulta spesso difficile da accettare e da ritenere valido, se si è guidati da un tipo di razionalità che esclude l’esperienza dell’essere umano che deve essere invece – razionalmente – testimone e guida di questi avvenimenti.
“Il corpo e lo spirito sono due aspetti dell’essere umano, e ciò è tutto ciò che noi sappiamo. Per questa ragione preferisco dire che le due cose sopravvengono assieme in un modo misterioso restandone qui, perchè non si può immaginare le due cose come una sola. Per il mio uso personale, ho concepito un principio che deve mostrare questo fatto di “essere assieme”, affermo che lo strano principio della sincronicità agisce nel mondo quando certe cose si producono in un modo più o meno simultaneo. comportandosi come se fossero la stessa cosa, pur non essendo tali dal nostro punto di vista.”
Passi di: Carl Gustav Jung. “Tavistock Lectures (1935)”